Prima di entrare nel merito ci teniamo a ringraziare l’organizzazione dei Digital Innovation Days per avere ospitato, per il terzo anno consecutivo, un nostro intervento. In passato Simone ha parlato di employer branding ed employees advocacy, della ricerca L45 “Il giornalismo nell’era digitale”e di come i top manager e imprenditori devono comunicare – online e non solo – al servizio delle loro organizzazioni.
Questa volta ci pare doveroso proporre una riflessione su alcuni cambiamenti che la pandemia, che stiamo vivendo dallo scorso marzo, ha portato nel nostro mestiere. Un lavoro che chiamiamo in tanti modi: public relations, media relations, digital-pr o, in maniera più ampia, gestione della reputazione. Tutte definizioni che, seppur con sfumature diverse e importanti, indicano un’unica professione.
Inutile dire che non abbiamo la pretesa di dire – o di scrivere, in questo caso – le parole definitive sul nostro lavoro e tantomeno sulla crisi del Covid-19, che di fatto muta ogni giorno e ci costringe a rivedere talvolta le nostre convinzioni più profonde. Quelle che seguono sono osservazioni maturate sul campo, e come tali speriamo che possano aiutare i tanti colleghi alle prese con uno scenario inedito e che, anzi, ci auguriamo di poter approfondire a voce, in video o in forma scritta con chi lo vorrà.
Il cambiamento non cambia, accelera
La prima riflessione, che poi è premessa di tutte le altre, è che il cambiamento non sta cambiando: sta accelerando. In questi ultimi mesi dal punto di vista del nostro lavoro non abbiamo assistito all’emergere di nuovi fenomeni, ma all’estrema accelerazione di trend già in corso prima della pandemia. La pandemia è stata infatti per tutti un grande acceleratore di cambiamento.
Mobile only: meno ma meglio
Ad esempio: da mobile first a mobile only. I giornalisti, come la grande maggioranza dei lavoratori dei servizi, stanno lavorando da casa ed è ipotizzabile che prenderanno sempre di più questa direzione anche in futuro, frequentando le redazioni con meno assiduità.
Operativamente, questo si è tradotto nel fatto che chiamando oggi in redazione, che sia al centralino o all’interno diretto del giornalista desiderato, gran parte delle volte non si trova nessuno. La soluzione è semplice in teoria ma non lo è in pratica: avere i numeri di cellulare dei giornalisti. La qualità e la profondità delle relazioni dunque prendono sempre di più il posto della quantità.
Incontri straordinari
Un altro fenomeno su cui riflettere, in particolare in una professione fondata sulle relazioni umane come la nostra, è come la pandemia, con il conseguente passaggio di massa alle relazioni virtuali, stia influendo sul nostro mestiere. Lockdown a parte, gli incontri in modalità virtuale sono diventati la nuova normalità per ragioni di sicurezza. Ma cosa succederà dopo? La sensazione è che la modalità digitale rimarrà prevalente e sarà opportuno utilizzarla per tutti i meeting più di routine e operativi. Per quanto riguarda gli incontri dal più alto valore aggiunto, come per esempio pranzi con giornalisti e incontri di accreditamento, la modalità fisica resterà indispensabile per favorire il legame empatico, capace di fare la differenza in queste situazioni. Per riassumere: se il digitale sarà il nuovo normale, il fisico sarà lo straordinario.
Big data, big ideas!
L’esplosione dell’utilizzo di strumenti digitali dovuta alla pandemia, sta accelerando e alimentando il fenomeno di crescita dei big data, già saldamente avviato in diversi settori. Come sfruttarlo dunque in un settore come il nostro dove la tecnologia è per lo più ancora al servizio di una professione svolta da esseri umani, senza grande possibilità di automazione del lavoro “artigianale” che facciamo? Una risposta abbiamo provato a darla con i progetti di “data pr” (di cui avevamo già parlato qui). Le aziende hanno in pancia un’enorme mole di dati che, aggregati nel modo giusto e con un po’ di creatività (quella sì, umana e insostituibile), possono diventare vere e proprie notizie, succulente e uniche per i media. Abbiamo già messo in pratica questo tipo di attività con il nostro cliente Verti, creando l’osservatorio VertiMovers in cui ogni mese andiamo a raccontare ai media curiosità e trend del mondo della mobilità in Italia, utilizzando dati originali dei clienti Verti e non studi di istituti di ricerca esterni (come avveniva precedentemente).
Torniamo a vederci (in digitale)
Diciamoci la verità: negli ultimi anni il rito della conferenza stampa non godeva di grande salute. Fra redazioni con organici all’osso e bulimia da eventi (soprattutto in grandi città come Milano e Roma), portare giornalisti e influencer a seguire una conferenza stampa richiedeva notizie davvero sensazionali. E le stesse aziende, visti anche gli investimenti di tempo e risorse necessari alla loro realizzazione, già negli ultimi anni vi ricorrevano sempre più raramente.
Argomento chiuso, quindi? A sorpresa, a noi è successo di farlo rinascere: grazie alla modalità digitale siamo riusciti in questi mesi a realizzare due grandi lanci tramite conferenze stampa virtuali in live streaming. Il primo e già citato osservatorio VertiMovers e il lancio della cravatta-mascherina Vattinn’, del nostro cliente Ulturale, diventata in pochi giorni un fenomeno mediatico nazionale e internazionale.
Un modello win-win: i giornalisti hanno avuto la possibilità di ottimizzare i tempi e di collegarsi da dovunque si trovavano e l’azienda ha realizzato un evento di qualità (con regia, studio, moderatore, attrezzatura e service tecnico) allocando un budget molto minore rispetto a una conferenza stampa tradizionale. Crediamo che la pandemia abbia ridato una vera e propria nuova vita alle conferenze stampa e che questa modalità si dimostrerà virtuosa anche in futuro.
Il comunicato stanca
Un’altra vittima illustre (e in fondo non troppo rimpianta) di questo periodo è il comunicato stampa, sostituito – o almeno affiancato – dalla costruzione di storie basate su contenuti ad alto valore aggiunto, insieme a giornalisti con i quali si ha una relazione forte (vedi sopra il concetto di mobile only).
Certo, l’appartenenza di L45 al gruppo The Van, da sempre grande produttore di contenuti in ogni forma, ci ha giovato: possiamo infatti attingere “in casa” a solide competenze editoriali e di produzione di contenuti testuali, audio, video. Una scelta precisa, condivisa con i soci di The Van fin dalla nascita di L45. Così succede che un articolo come questo, pensato e scritto per il nostro cliente MIP, rimanga tre settimane in home page del Sole 24 Ore. O che un video come questo, realizzato per il lancio della cravatta Vattinn’ per il nostro cliente Ulturale, sia ripreso integralmente da decine di testate fra cui Corriere.it, Gazzetta.it e Radio DeeJay. Insomma, dal semplice e intenso invio di comunicati stampa all’ideazione e confezionamento di contenuti di qualità.
Relazioni umane
Concluso su una nota positiva: credo infatti che questa situazione difficile che stiamo vivendo renderà il nostro lavoro ancora più prezioso se saremo capaci di dargli un significato più alto e più ampio. Abbiamo una possibilità unica di nobilitare un mestiere troppe volte sottovalutato anche per colpa nostra, troppo spesso ridotto a un andirivieni meccanico, povero di cultura e acriticamente al servizio operativo delle aziende.
In un periodo di cambiamento dove le relazioni umane sono compresse dalla situazione, per usare un concetto che va molto di moda, possiamo trovare un nuovo purpose – o meglio, in italiano – un nuovo scopo: da public relation a human relations. Per me, significa essere il centro di una serie di relazioni fra persone, ciascuna portatrice del proprio interesse come è naturale, ma sempre, prima di tutto, persone. È solo attraverso l’incontro che nascono nuove idee capaci di creare valore per tutti i soggetti coinvolti. E il nostro ruolo è proprio quello di creare le condizioni perché ciò avvenga, lavorando per portarlo a termine.
Su LinkedIn per descrivere il mio lavoro ho sintetizzato in: “Unisco i punti. La sfida è riuscire a vedere la figura nascosta sotto gli indizi e tratteggiarla progressivamente attraverso il nostro operato. Non a caso, l’unione degli opposti è il concetto alla base del nome della nostra agenzia.
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